lunedì 2 marzo 2015

Carlo Rovelli
La realtà non è come ci appare
Cortina 2014


Quello che più indispone in questo lavoro, per il resto di pregevole divulgazione scientifica, è il continuo sconfinamento nella filosofia della scienza compiuto dall'autore. Come alcuni suoi illustri predecessori (penso a Rita Levi-Montalcini, Margherita Hack, Umberto Veronesi fino a Piergiorgio Odifreddi) il bravo scienziato mostra tutti i suoi limiti non appena tenta di addentrarsi in territori che non gli sono familiari. Le argomentazioni storiche, prima ancora di quelle filosofiche, sono di una banalità sconcertante; il profilo etico degli scienziati ne esce ancora una volta ridimensionato e il loro ruolo di guida dei destini dell'uomo, ruolo che troppo spesso sembrano arrogarsi unilateralmente, appare più che un sogno una minaccia che ci riporterebbe indietro di secoli. Dire che il Fedone di Platone è pieno di sciocchezze sull'immortalità dell'anima non è certo un bel biglietto da visita per chi aspiri a dirci come stanno in realtà le cose. Lo stesso dicasi per il rifiuto quasi infantile, e certamente antistorico, di usare la dicitura "avanti Cristo" in favore di un asettico "a.e.v.". Sono certo invece che l'attribuzione a Fidia del "Discobolo" sia solo una svista.
Per quanto riguarda invece il contenuto di divulgazione scientifica Rovelli si dimostra esemplarmente capace di tradurre in un linguaggio semplice, visuale e quasi quotidiano i vari passaggi che portano a ricostruire la nascita della teoria dei quanti. Ogni capitolo diventa un salto vertiginoso, lo sforzo di fantasia per immaginare mondi così diversi da quelli che appaiono è tale che prima o poi ci si perde. Si capisce però che proprio questa capacità immaginativa è alla base delle scoperte di Einstein, molto più di quanto lo siano le successive equazioni che la spiegano. Immaginare che lo spazio possa essere curvo, che spazio e tempo siano la stessa cosa... Forse non tutto ma ogni tanto si ha l'impressione di capire qualcosa.

lunedì 16 febbraio 2015

Mors tua vita mea

Ho appena letto la notizia della momentanea (si spera) chiusura di "Cronache dalla libreria", il punto di riferimento per noi librai-blogger.
Nella libreria in cui lavoro la notizia della chiusura di alcuni punti vendita delle Feltrinelli era circolata già prima di Natale ed aveva suscitato reazioni opposte. Per la proprietà e la dirigenza era come aver vinto la lotteria, come un tre a zero a tavolino sul campo della Juve. Nei momenti di massimo sconforto, con sotto gli occhi i pessimi incassi di certe giornate in cui nemmeno tenere la porta spalancata era servito per convincere la gente ad entrare, si sentiva sospirare da dietro il registratore di cassa: "Speriamo che sia vero..."
Ben diversa la reazione della mia collega che avendo lavorato in Feltrinelli tendeva ad una maggiore empatia nei confronti dei colleghi.
Per parte mia sono sempre stato estraneo ad ogni atteggiamento agonistico nei confronti del lavoro, a maggior ragione se il lavoro ha o dovrebbe avere a che fare con la cultura. Non credo che le librerie dovrebbero sentirsi in concorrenza le une con le altre, penso invece che dovrebbero sentirsi tutte votate ad un unico risultato, allargare il bacino dei lettori e far crescere il livello culturale del Paese. Per questo motivo non mi scandalizza, ad esempio, il fatto che per aprire una libreria ci vogliano tanti soldi: in questo settore fare business deve essere secondario e se bisogna rimetterci dei soldi bisogna essere pronti a farlo, e per farlo occorre averne le possibilità. Questo fa delle librerie dei giocattoli di lusso i cui proprietari, invece che comprarsi una squadra di calcio o collezionare arte decidono di fare qualcosa per la società, e aprono una libreria.
Purtroppo quando i proprietari sono convinti di dover "guadagnare" e ragionano col metro del "tanto esce, tanto entra", nel momento in cui si accorgono di non avere i soldi per pagare le Riba mettono da parte l'aspetto culturale della loro attività e cominciano a guardare solo ai bilanci. A questo punto la libreria serve solo a pagare quattro stipendi, nient'altro. A questo punto la libreria può anche chiudere, può farlo da un momento all'altro e senza grandi rimpianti.
La libreria in cui lavoro economicamente è con l'acqua alla gola e non mi stupisco che i titolari possano gioire per la chiusura della "concorrenza". Non spero nemmeno possano cambiare idea perché hanno già dimostrato ampiamente in passato qual'è il loro livello di consapevolezza rispetto a questo lavoro. Quello di cui sono certo è che io non mi unirò ai festeggiamenti, nel malaugurato caso che qualcuno dovesse organizzare anche solo un brindisi, perché non trovo niente da festeggiare quando una libreria chiude.

mercoledì 22 ottobre 2014

Sabrina Paravicini
Supermarket porno
Gremese 2014

Qualche settimana fa, mentre ero in cassa, mi passa tra le mani questo libro. Il cliente che l'ha ordinato e che è davanti a me mi guarda imbarazzato: è l'esatto opposto di quello che ci si potrebbe aspettare dato titolo e, presumibilmente, contenuto del libro in questione. Quello che ho di fronte sembra il più grigio degli impiegati, piccoletto, con gli occhiali e non mi stupirei se fosse anche un padre di famiglia. Proprio vero, penso, che l'abito non fa il monaco.
Passo il libro davanti al lettore ottico, sento il bip, osservo lo schermo del computer, controllo il prezzo sulla quarta di copertina. Non lo faccio sempre, anche se è uno scrupolo che ogni tanto salva da problemi più grossi. Sopra al prezzo c'è la fotografia dell'autrice del libro, di una bellezza da togliere il fiato, letteralmente.
Il cliente intanto ha deciso che non vuole passare per il solito pervertito e incomincia a raccontare al mio collega la sua storia. Un giorno, durante un viaggio in treno, si ritrova seduta di fronte una donna che chissà come gli attacca un bottone pazzesco e racconta di essere una scrittrice. Gli parla del suo ultimo libro in modo così appassionato che il fortunato viaggiatore promette di cercarlo in libreria e di leggerlo. Detto, fatto.
«Beato lei» dico io, ancora imbambolato davanti alla foto dell'autrice.
«Tutti i viaggi finiscono» sospira lui.
Io continuo a fissare la foto dell'autrice, di quest'angelo dalle fattezze di donna, ma il mercato non ammette ritardi, i clienti premono e allora infilo il libro nel sacchetto. Penso che di un libro simile ne entra una copia in libreria solo se qualcuno la ordina, e invece scopro che di copie ne sono arrivate due: mi approprio della seconda e la sera stessa inizio la lettura.
Nel caso non fossi stato abbastanza chiaro: l'unico motivo che mi ha spinto a leggere questo libro è stata la fotografia dell'autrice. La copertina è di quelle brutte, forse persino volgarotta, e il titolo non promette veramente niente di buono. Sfogliandolo rapidamente ci si imbatte in frasi stampate con corpo doppio rispetto al testo normale, come fanno certi psicologi, per lo più esordienti, per enfatizzare le loro massime motivazionali. Se queste sono le premesse cosa deve fare il bravo libraio? Esatto: chiudere il libro e passare ad altro. Il bravo libraio.
Ma è proprio vero che l'abito non fa il monaco.
Il protagonista del libro è uno psicologo alle prese con una carrellata di pazienti che hanno tutti a che fare, chi perché ne è affetto, chi perché ne è vittima, con perversioni sessuali di vario tipo. La struttura del libro è quindi molto semplice in quanto alterna il racconto del rapporto fra lo psicologo e la madre alle evocazioni dei pazienti, come quadri racchiusi in una cornice ma senza nulla di boccaccesco. Lo schema infatti non è rigido, il modo di introdurre le storie dei pazienti è sempre diverso e sfrutta pretesti imprevedibili: una telefonata, una parola detta, un ricordo.
Certo, a scanso di equivoci è meglio dirlo chiaro: le storie dei pazienti sono esplicite, crude, narrate con un linguaggio che trova nella volgarità la strada più diretta (ma anche difficilmente sostituibile) verso il realismo. Eppure, nonostante il sesso sia la costante di ogni pagina e, si direbbe, l'unica molla a determinare le azioni dei personaggi, il vero assente di tutto il libro è l'erotismo. Ogni paziente racconta la storia di una solitudine, ogni gioco erotico è un'inutile farsa, ogni amplesso si conclude con una sconfitta.
L'assurdità di queste situazioni è resa stridente dal continuo confronto con il personaggio dello psicologo, presenza implicita durante il racconto delle vicende dei personaggi anche se di tanto in tanto prende la parola come io narrante, che diventa però protagonista in quella che ho definito la "cornice" narrativa. Una forma non grave di autismo emersa durante l'infanzia non gli ha impedito di terminare brillantemente gli studi ma gli ha negato la possibilità di una vita sessuale normale.
Si arriva così a definire il paradossale rapporto fra pazienti e medico, i primi ossessionati dal sesso slegato dai sentimenti, il secondo capace solo di un amore che non oltrepassa mai la soglia della fisicità. Sesso senza amore da una parte, amore senza sesso dall'altra.

giovedì 25 settembre 2014

Breve intermezzo polemico

Solo per fare il punto della situazione.
La libreria in cui lavoro ha chiuso i conti con Messaggerie e Mondadori, vale a dire con metà degli editori italiani il che significa, tanto per essere chiari, che ha comprato da questi distributori un bel po' di libri senza pagarli. E i distributori han detto: i libri te li ho dati? Li hai venduti? No? Allora ridacci i libri e amici come prima. Eh no, abbiam detto noi, i libri non li abbiamo più. Allora li avete venduti? E i soldi che avete guadagnato che fine han fatto? Boh. Stessa storia con qualche distributore minore, ma dei piccoli chissenefrega.
Il mio contratto è di trentotto ore a settimana e non di quaranta come dovrebbe essere. In questo modo la libreria risparmia sui giorni di ferie che mi spettano e sa che se avesse bisogno potrebbe chiedermi di fare ore straordinarie; essendo queste defiscalizzate sarebbero comunque più convenienti di quelle due ore che mancano all'orario pieno. Naturalmente le ore straordinarie vengono fatte tutte in nero col risultato che io ci rimetto i contributi.
L'orario di lavoro è un'indicazione di massima, può variare all'improvviso per esigenze reali del negozio o semplicemente per incapacità organizzativa della dirigenza. Eventuali aperture straordinarie vengono decise all'ultimo momento, sulla base di valutazioni commerciali che suonano più o meno così: "Domani sera Zara è aperto, forse conviene che stiamo aperti anche noi".
Nessuno si stupisce se il personale, appena può, leva le tende. Qui è un continuo viavai e d'altra parte... Ti pagano poco, lavori in nero, non hai orario... un po' alla cinese, con tutto il rispetto.
A fronte di tutto questo quotidianamente mi viene imposto di essere complice con la più grande evasione fiscale legalizzata presente in Italia: le false fatture delle partite IVA. Quotidianamente, lo ripeto, avvocati, architetti, commercialisti, dentisti, imprenditori, truffatori di ogni sorta vengono a comprarsi roba tipo "Schiscetta perfetta", "Il Manuale del Golf", "Topo Tip non vuole il vasino" o il libro del dottor Mozzi e poi si fanno fatturare tutto come "libri tecnici". Così quando portano la fattura al commercialista questo, che sa benissimo cosa sta facendo, scarica tutto perché la gabola l'ho fatta io. Tutto avviene alla luce del sole, i cosiddetti professionisti trovano normale, stando in coda alla cassa, dire a chi di turno "Questi me li fattura come libri tecnici" mentre appoggia sul bancone i volumoni del Trono di Spade. Nessuno si vergogna.
Sfogo finito.

lunedì 9 giugno 2014

Una riflessione sui Flipback

Quando ho proposto questa riflessione al mio capo ho immediatamente letto nel suo sguardo la consepevolezza di trovarsi di fronte ad una gigantesca pippa mentale. La questione è questa. Mondadori ha lanciato la collana "Flipback", libri di dimensioni ridotte, che si aprono e si leggono come un libro normale, solo ruotato di novanta gradi. Si tengono aperti nel palmo di una mano e si sfogliano con lo stesso gesto che si usa per scorrere le schermate di un tablet. Il mio capo è entusiasta. Propone i flipback a quei clienti che sono già passati all'e-reader suggerendo che sono delle stesse dimensioni, sono comodi da portarsi in viaggio e... sono di carta. Molti clienti stanno provando la novità, alcuni dicono semplicemente che nell'e-reader ci stanno mille libri, il flipback è uno solo, e quindi non vedono dove sta il vantaggio. L'idea del mio capo è che il flipback serva per far tornare alla carta i lettori che sono passati al digitale. Io temo invece che sia esattamente il contrario. Uno dei motivi che lega i lettori tradizionali alla carta è in realtà l'abitudine alla forma-libro. Non è tanto il materiale ad essere in discussione quanto il gesto dello sfogliare, oltre naturalmente alla forma dell'oggetto stesso. Insomma, devono aver pensato alla Mondadori, questi maledetti lettori analogici non ne vogliono sapere di passare al digitale perché il passaggio è troppo radicale per essere fatto in un colpo solo. Sarà necessario abituarli piano piano. Ed ecco l'idea: creare un oggetto che è in tutto e per tutto un libro, anzi un "bel" libro (vedere come è rilegato per convincersi), ma allo stesso tempo destabilizziamo un po' il lettore costringendolo ad un gesto diverso, a sfogliare non più da destra verso sinistra ma dal basso verso l'alto. Il lettore avrà ancora tutto: la carta e in generale la forma-libro. Però allo stesso tempo tutto sarà diverso perché la sua postura e i suoi gesti saranno quelli di un lettore digitale. Se il lettore supera il legame che ha con una sola modalità di lettura, quella del libro tradizionale, e si apre a forme nuove, anche se si tratta solo di ruotare il libro di novanta gradi, sarà più facile per lui accettare anche i nuovi supporti digitali. Trovo che questa strategia sia geniale, ancorché diabolica, ma dal punto di vista del libraio che li consiglia i flipback sono un vero suicidio.

mercoledì 4 giugno 2014

Lidia Ravera
Piangi pure
Bompiani 2013


Da più di un anno sto consigliando questo libro. E' strano, visti i tempi editoriali odierni che imporrebbero la sparizione dagli scaffali di un titolo dopo poche settimane; eppure non ho ancora trovato qualcosa con cui sostituirlo, un libro che sia allo stesso tempo leggero ma non banale, scorrevole e introspettivo, scritto bene senza essere inutilmente prolisso. Il che non vuol dire che non ci siano altri libri con le stesse caratteristiche, forse anche migliori. Le mie colleghe hanno letto ottimi libri (l'ultimo di Giorgio Falco, ad esempio, sembra essere un vero capolavoro) ma la qualità di "Piangi pure" è del tutto particolare, faccio fatica a classificarla e forse per questo non riesco ad abbandonarlo al suo destino.
Non è un capolavoro, lo ripeto. Eppure il personaggio di Iris, contraddittorio, incoerente e a volte persino inverosimile, è rimasto impresso nella mia memoria come non accadeva da molto tempo. Il suo sguardo disincantato prima di tutto verso se stessa, la sua vecchiaia, il suo mondo che piano piano è diventato sempre più ristretto ed ormai sembra limitarsi allo spazio compreso tra il suo appartamento e il bar sotto casa, è lo sguardo di una persona ancora pienamente vitale. I suoi giudizi sono sferzanti, le sue frasi pungenti e allusive, i suoi retropensieri hanno la lucidità e l'acume di chi non ha perso l'abitudine di osservare, del genere umano, le due facce speculari del comico e del drammatico.
La trama è semplice ma non prevedibile, la forma asciutta e libera, come richiede il genere diaristico.

mercoledì 21 maggio 2014

Il nostro #librosospeso

Avrete sicuramente sentito parlare del #librosospeso. In poche parole: un giorno un tizio entra in una libreria di Milano, acquista un libro e poi ne lascia un altro, già pagato, per un cliente che verrà dopo di lui. La libraia mette questa cosa sui social e nel giro di qualche giorno tutti ne parlano.
Bene.
Mentre sono lì che cazzeggio su Twitter (ebbene sì) mi imbatto in questa notizia. Mi informo. Il giorno dopo entro in libreria e dico al direttore: ho una bellissima idea da proporvi! E spiego.
La mia collega intraprendente mi spalleggia, ma il direttore non ce la fa, non capisce. E noi cosa ci guadagniamo? Come decidiamo a chi dare il libro? E se poi entra uno pieno di soldi e chiede il libro gratis cosa facciamo, glielo diamo? E ancora: dove li mettiamo? E se qualcuno ne approfitta? Se prendono il post-it del #librosospeso e lo appiccicano su un altro libro? E avanti così. Mi cadono le braccia, e lascio perdere visto che nemmeno i miei colleghi sembrano entusiasti della cosa. Mi limito a twittare un invito ai nostri clienti ad aderire all'iniziativa, naturalmente dopo aver estorto il permesso della titolare, sapendo che non avrebbe capito e avrebbe detto sì.
Dopo qualche giorno viene un giornalista locale e chiede se aderiamo all'iniziativa del #librosospeso. Panico. Il direttore balbetta, sì, vediamo, se qualcuno viene, però non si capisce bene... Risultato: esce un articolo in cui la Feltrinelli sembra aderire con convinzione all'iniziativa e noi, libreria indipendente, subiamo la cosa con molti se e molti ma. Marketing: voto 4.
Passa ancora qualche giorno e quello che doveva succedere succede: entra una cliente e lascia un #librosospeso. Naturalmente lo prendiamo. Ci mancherebbe. E' una vendita. Cosa fai, perdi una vendita? Solo che poi rimaniamo col cerino in mano. E adesso? Dove lo mettiamo? A chi lo diamo? Noi non siamo una libreria dove entra un cliente ogni mezz'ora, noi abbiamo un discreto giro, quando il libro è stato lasciato c'erano tre o quattro persone in negozio... Lasciamolo lì e vediamo.
I giorni passano, i libri sospesi aumentano, ma nessuno se li prende. Nessuno vuol fare la figura del poveraccio? Faccio la mia proposta: domani mattina diamo uno di questi libri al primo cliente che entra in negozio. Proposta bocciata. I libri cambiano posto ma rimangono sempre lì, noi non li diamo, nessuno li chiede.
Alla fine tutto viene ricondotto all'interno delle categorie mentali del direttore e dei suoi seguaci, categorie che sono poche, semplici e concrete: prendiamo i libri, li ricarichiamo, li mettiamo a scaffale e se qualcuno chiede diciamo che li abbiamo già dati via. In pratica possiamo vendere due volte lo stesso libro. Abbiamo trovato il modo di guadagnare con il #librosospeso.