lunedì 16 febbraio 2015

Mors tua vita mea

Ho appena letto la notizia della momentanea (si spera) chiusura di "Cronache dalla libreria", il punto di riferimento per noi librai-blogger.
Nella libreria in cui lavoro la notizia della chiusura di alcuni punti vendita delle Feltrinelli era circolata già prima di Natale ed aveva suscitato reazioni opposte. Per la proprietà e la dirigenza era come aver vinto la lotteria, come un tre a zero a tavolino sul campo della Juve. Nei momenti di massimo sconforto, con sotto gli occhi i pessimi incassi di certe giornate in cui nemmeno tenere la porta spalancata era servito per convincere la gente ad entrare, si sentiva sospirare da dietro il registratore di cassa: "Speriamo che sia vero..."
Ben diversa la reazione della mia collega che avendo lavorato in Feltrinelli tendeva ad una maggiore empatia nei confronti dei colleghi.
Per parte mia sono sempre stato estraneo ad ogni atteggiamento agonistico nei confronti del lavoro, a maggior ragione se il lavoro ha o dovrebbe avere a che fare con la cultura. Non credo che le librerie dovrebbero sentirsi in concorrenza le une con le altre, penso invece che dovrebbero sentirsi tutte votate ad un unico risultato, allargare il bacino dei lettori e far crescere il livello culturale del Paese. Per questo motivo non mi scandalizza, ad esempio, il fatto che per aprire una libreria ci vogliano tanti soldi: in questo settore fare business deve essere secondario e se bisogna rimetterci dei soldi bisogna essere pronti a farlo, e per farlo occorre averne le possibilità. Questo fa delle librerie dei giocattoli di lusso i cui proprietari, invece che comprarsi una squadra di calcio o collezionare arte decidono di fare qualcosa per la società, e aprono una libreria.
Purtroppo quando i proprietari sono convinti di dover "guadagnare" e ragionano col metro del "tanto esce, tanto entra", nel momento in cui si accorgono di non avere i soldi per pagare le Riba mettono da parte l'aspetto culturale della loro attività e cominciano a guardare solo ai bilanci. A questo punto la libreria serve solo a pagare quattro stipendi, nient'altro. A questo punto la libreria può anche chiudere, può farlo da un momento all'altro e senza grandi rimpianti.
La libreria in cui lavoro economicamente è con l'acqua alla gola e non mi stupisco che i titolari possano gioire per la chiusura della "concorrenza". Non spero nemmeno possano cambiare idea perché hanno già dimostrato ampiamente in passato qual'è il loro livello di consapevolezza rispetto a questo lavoro. Quello di cui sono certo è che io non mi unirò ai festeggiamenti, nel malaugurato caso che qualcuno dovesse organizzare anche solo un brindisi, perché non trovo niente da festeggiare quando una libreria chiude.