martedì 23 luglio 2013

Progetti ambiziosi

Oggi è andata che ho preso sei treni diversi e nessuno era in orario. Il primo, questa mattina abbastanza sul presto, ha rischiato di non arrivare mai. Potete immaginarvi come sono sceso dal sesto questa sera, verso le 20.40.
In mezzo, una normale giornata di lavoro: il capo mi stampa una resa Mursia, io mi ci metto di buona lena, intanto servo i clienti, carico qualche rifornimento, faccio due parole con le colleghe, e arrivo comodo nel tardo pomeriggio con la resa contabilizzata, inscatolata e pronta per essere autorizzata. A questo punto la palla passa alla mia collega che si occupa delle autorizzazioni (non sono ancora riuscito a far capire al capo che questa cosa non è niente di straordinario, una telefonata al rappresentante la posso fare anch'io, l'ho sempre fatto, ma insomma, ognuno ha il suo ruolo e io non voglio rompere gli equilibri, capirai...).
Così la notizia non mi arriva direttamente: il magazzino è chiuso e la resa parte a settembre. Che fare? Niente, riapri i pacchi, rimetti a posto i libri e annulla la resa. Fine della mia giornata di lavoro.
Così adesso non ho neanche la forza di mettermi ai fornelli. La scelta è: festa di Sel o pizzeria. Pizzeria vuol dire aria condizionata, mi dispiace per Sel ma stasera sto con la borghesia. Il pizzaiolo è del mio paese, ha la mia età e alla fine scambiamo due parole.
Chissà perché quando parliamo con qualcuno che non vediamo da tanto tempo cerchiamo sempre di dimostrare interesse verso il suo lavoro, e ne veniamo immancabilmente ricambiati. Io gli chiedo com'è andata la Notte Bianca (la pizza in piazza, cose così); poi è il suo turno. Mi dice di aver iniziato un libro che parlava di cibo (penso alla Parodi), che parlava di farina (no, forse Mozzi), del fatto che sono tutte balle quelle che ci raccontano («Ah, sì, "Le bugie nel carrello"», dico io) ma di averlo abbandonato dopo poche pagine. «Ma adesso - conclude - voglio mettermi d'impegno: a settembre mi piacerebbe proprio leggere un libro intero!». Colpo di grazia.
Gli ho fatto i miei migliori auguri per il suo progetto e sono uscito pensando, chissà perché, ai progetti di promozione alla lettura. Bei risultati.

mercoledì 17 luglio 2013

Una mia collega è appena tornata dalle ferie e ci ha annunciato, tutta contenta, che a fine mese se ne va. Ha trovato lavoro in una piccola libreria, aperta da poco e con poco personale. Dato che io e lei abbiamo parlato spesso di come vanno le cose nell'ambiente, mi sono molto stupito della sua scelta. Certo, non è che il posto dove siamo sia una botte di ferro: stipendi a singhiozzo, straordinari non pagati, flessibilità oraria praticamente totale, tutto dovuto e se le cose vanno male la colpa è nostra. Tutti i negozi funzionano così e con la scusa della crisi le cose stanno peggiorando. Non c'è riforma del lavoro che tenga, o contratto, o sindacato che possa intervenire nel momento in cui il tuo superiore ti viene vicino e ti dice che ha bisogno che ti fermi un ora in più e quest'ora la recuperi quando si può, cioè forse fra tre mesi. Cosa fai, dici di no? Lo sai che siamo tutti sulla stessa barca e che se rifiuti metti in difficoltà tutti?
Se queste sono le cose che non ti stanno bene, le ho sempre detto, allora non ti illudere perché in qualsiasi altro negozio troverai una situazione uguale, se non peggiore. Figuriamoci in un piccolo negozio, col proprietario che ti sta sempre addosso e guarda l'incasso ogni dieci minuti.
Ecco perché mi ha stupito la sua scelta. Sono molto preoccupato per lei perché è una di quelle che crede nel mestiere di libraio, che difende il libro di carta "perché ha qualcosa in più", insomma una un po' idealista. Io vedo un mercato del libro che si sta trasformando rapidamente, i negozi chiudono e tutto si sposta on line, le recensioni, i consigli, gli acquisti. I lettori diventano i librai del futuro, danno consigli sui social, determinano la fortuna di un libro indipendentemente da quello che succede nelle librerie fisiche. La parte tecnica del nostro mestiere (conoscere gli editori, chi li distribuisce, saper fare una bolla di carico o una resa) tra poco non servirà più a niente perché i libri passeranno direttamente dall'editore al lettore.
Insomma io non vedo un grande futuro per questo mestiere. Secondo me avrebbe fatto molto meglio a restare dov'era, oppure a cercarsi un lavoro diverso, ma una piccola libreria no. Tutto ma la piccola libreria di quartiere proprio no!