lunedì 28 marzo 2011

Una mente aperta, forse troppo

Oggi si presenta un ragazzo del profondo sud, tutto vestito di nero. Ha modi gentili e l'aria di uno che è fuori posto.
- Scusi, per caso avete l'introduzione alla filosofia dell'amante?
Scrivo così perché voglio rendere partecipi i pochi lettori di questo blog delle difficoltà che si affrontano quando si deve cercare di capire dove finiscono i convenevoli e dove inizia il titolo del libro. Dico fin d'ora che il post di oggi riguarda proprio questa difficoltà. La punteggiatura esiste anche nel parlato ma spesso i primi a non saperlo sono proprio i parlanti.
Sono perplesso. Tanto per cominciare non ho mai sentito un titolo del genere, e un titolo così, credetemi, dovrebbe vendere parecchio; ormai ne ho sentite di tutti i colori: la filosofia di Harry Potter, la filosofia del dottor House, dei Simpson, di Lost... può starci benissimo anche la filosofia dell'amante. Però è strano che non l'abbia mai sentita. E poi quello che proprio non torna è l'associazione tra il titolo e il soggetto, inteso come cliente: non sembra proprio un tipo da filosofia dell'amante. Sarà per un regalo.
Inizio a cercare (a computer, naturalmente). Ipotizzo che il giovane mi abbia dato il titolo esatto, escludo l'articolo iniziale che potrebbe anche non esserci, valuto che se cerco "introduzione alla filosofia" mi escono almeno ottocento titoli e alla fine decido per un bel "introduzione alla filosofia dell'am@", dove la chiocciolina sta per l'asterisco usato in tutti i software del mondo, tranne il mio.
Il primo tentativo va a vuoto. Strano perché il ragazzo sembra anche sveglio; ormai dare il titolo sbagliato al libraio è un modo per passare inosservati, penso. Comunque non ho voglia di perdere altro tempo per trovare un libro simile, dunque soluzione rapida e vigliacca:
- Scusa, sai chi è l'autore?
Il ragazzo non mi delude; autore di questo capolavoro sembra essere tale Paternoster. Penso che, visto il cognome, avrebbe potuto anche scegliersi uno pseudonimo per pubblicare un libro simile, santo cielo.
Incrocio la ricerca e resto immobile a guardare la tremenda verità che mi restituisce lo schermo: abbiamo fatto gli italiani, ora dobbiamo fare l'italiano.

domenica 20 marzo 2011

Titolo e autore

Posso chiedervi un favore? Quando telefonate a una libreria non sforzatevi di essere originali; tanto finisce che chiedete tutti sempre la stessa cosa e il trovare pericolose costruzioni sintattiche per farlo non farà di voi clienti meritevoli di maggiori attenzioni. Personalmente se dopo tre secondi da che avete iniziato a parlare non siete già arrivati al dunque, io smetto di ascoltarvi. A volte appoggio il telefono e finisco di schedare un libro, oppure faccio una ricerca per un cliente in negozio. Ormai mi bastano poche parole per capire quanto tempo servirà al mio interlocutore per dirmi finalmente quale libro sta cercando; fatto quello che devo fare riprendo il telefono e chiedo semplicemente:
- Scusi, può ripetermi il titolo del libro?
La cosa migliore sarebbe di fare esattamente quello che vi chiede il libraio. Se vi chiede un titolo, dite un titolo, non dite altro.
Ora, capisco che chi si è premurato di raccontarmi la rava e la fava della sua tesi (o tesina, che dir si voglia), chi non ha potuto fare a meno di giustificare i motivi dei propri interessi librari con non meglio precisati "studi interdisciplinari" che sta compiendo, chi ha dovuto elencare con scrupolo tutte le librerie che non gli hanno dato ascolto, insomma chi ha impiegato più di tre secondi per venire al dunque, io capisco, dicevo, che trovi riprovevole il rispondere schiettamente alla suddetta domanda. Tuttavia, torno a chiedere, cercate di fare uno sforzo. Fatelo per me.
Qualche giorno fa ha chiamato un tizio. Solito siparietto, vorrei un'informazione, e cosa mai vorrà sapere, un libro, pensa un po', insomma alla fine riesco a strappargli il titolo.
- L'assedio di Ainis.
È vero, io ci ho messo del mio. Dovrei conoscere tutti i libri che vengono pubblicati, a maggior ragione se non sono novità, come fanno certi miei colleghi. Forse ero sovrappensiero, forse non avevo capito bene. Non lo so. Fatto sta che cerco "assedio di a@" e non trovo niente. Alice che dice? Niente. Google? Troppo, che è come dire niente. Allora, in modo molto professionale, senza staccare gli occhi dal video, chiedo il cognome dell'autore, come se avessi bisogno solo di una conferma. E' uno stratagemma che uso spesso, soprattutto con i titoli stranieri.
- Ainis.
Ripeto: in questo caso la colpa è mia. Ma se ti chiedo il titolo di un libro perché mi devi dire titolo e autore? Se ti chiedo il titolo mi dici il titolo, se ti chiedo l'autore mi dici l'autore, altrimenti se vuoi far vedere che sai tante cose vai anche a cercartelo da solo il tuo libro. E pure questo Ainis, che razza di cognome!

martedì 15 marzo 2011

Associazioni di pensieri

Oggi è stata una giornata particolare: il mio giovane collega ha trovato un nuovo lavoro (inutile dire che è migliore di questo) e ci lascia. La tensione si tagliava col coltello: il capo era nero, lui non sapeva più dove nascondersi, gli altri erano indecifrabili. A fine giornata ero stanco come se avessi lavorato. Così mi sono detto: schediamo un po' di libri e tiriamo l'orario di chiusura di questa bella giornata.
Naturalmente, mentre schedavo, la testa era da un'altra parte. Poi, improvvisamente, la mia attenzione è stata risvegliata da un'osservazione che merita di essere condivisa.
Stavo schedando dieci piccoli libri usciti oggi, casa editrice Baldini Castoldi e Dalai, argomento: unità d'Italia. Totalmente inutili, dunque con buone possibilità di essere venduti se collocati nella giusta posizione. Prezzo: 3,90 euro. Settantanove pagine.
Niente di strano se subito dopo non mi fosse capitata tra le mani una novità Einaudi, collana "Le vele", autore di spicco (Vargas Llosa). Numero di pagine: trentaquattro; prezzo di copertina 8,00 euro.
Ora, d'accordo l'importanza dell'autore, il prestigio della casa editrice, un certo snobbismo verso i libri troppo economici. Ma otto euro per trentaquattro pagine non sono troppi? Ci si lamenta del prezzo del cinema, ma almeno al cinema con otto euro passo due ore a divertirmi. Quanto ci metto a leggere trentaquattro pagine, tenuto conto che "Le vele" sono poco più grandi di un iPhone?
E' arrivato il momento di fare di tutta l'erba un fascio e dire chiaro e forte che il prezzo dei libri ha raggiunto livelli assurdi, e tutto questo, cari clienti, per poter sostenere quelle belle campagne di sconti del 25% che vedete in giro in questi giorni. Illudendovi di farvi risparmiare un mese gli editori vi spennano per il resto dell'anno e lo fanno in quello che avete di più caro, ovvero gli economici, che poi tanto economici non sono.
Sono come i cellulari di una volta: più erano piccoli e più li pagavi. Nel mondo anglosassone esistono due grandi categorie di prodotto, l'hardback e il paperback, il primo è rilegato e costa tanto, il secondo è in brossura, si sfascia con facilità ma in compenso costa poco. In Italia un PBE (Einaudi, tanto per cambiare) ha tutte le caratteristiche di un economico (un paperback) ma arrivi a pagarlo più di trenta euro, e comunque non meno di dodici.
Ah, quante cose avrei da dire...

giovedì 10 marzo 2011

Vedi, in una situazione diversa non avrei avuto problemi a dirti la verità. In fin dei conti è solo un blog con quattro lettori in croce. Ma, sarai d'accordo con me, io stavo praticamente giocando in casa e mettere a rischio l'anonimato con certi commensali poteva generare delle conseguenze imprevedibili. Ho preferito una piccola bugia (con annessa sceneggiata, lo ammetto) che spero mi avrai perdonato, assieme alla proposta del tavolo storto all'ingresso.

giovedì 3 marzo 2011

I migliori libri per la preparazione dei test INVALSI

Come se non bastasse il grande business degli esami di ammissione alle facoltà, con il loro corredo di inutili testi per la preparazione, manuali, eserciziari e compagnia (settore editoriale in cui il "migliore" è quello che contiene meno errori e il più "utile" è quello che ti fa perdere meno tempo in un'attività che non serve a nulla), ecco che ora fanno il loro ingresso in pompa magna i test INVALSI, questi sconosciuti.
Io non sono un esperto in materia ma da quello che ho capito i test INVALSI vengono somministrati agli studenti in momenti predeterminati del loro ciclo di studi per valutarne in maniera oggettiva la preparazione. Il loro obiettivo è di verificare il raggiungimento di obiettivi minimi di conoscenza. Sono nazionali, ovvero uguali per tutti, ma coinvolgono solo un campione di studenti estratti a sorte. La cosa più importante però è che i risultati dei test non fanno media, ovvero non incidono sul voto finale.
Detto questo, la domanda sorge spontanea: perché uno studente che di norma non si preparerebbe nemmeno per l'interrogazione più importante della sua vita dovrebbe sentir nascere dentro sé il sacro fuoco della conoscenza proprio in occasione dell'unico test che avrebbe interesse a consegnare in bianco (abbassando così gli standard di valutazione per sé e per tutti gli altri studenti italiani)? Risposta semplice: perché noi abbiamo dei libri da vendere.
Appena l'editore sente parlare di "test INVALSI" si domanda: come posso ricavare da una cosa inutile un qualcosa che si possa vendere? La strategia è sempre la stessa: prima di tutto suscito un bisogno, poi offro un oggetto che appaga questo bisogno indotto.
Quando si tratta di scuola i genitori si schierano immediatamente dalla parte dei figli e fanno di tutto per vanificare ogni tentativo di valutazione oggettiva dei risultati raggiunti dai loro pargoli, preferendo di gran lunga credere di aver allevato dei piccoli genii incompresi al posto dei mostriciattoli semianalfabeti che producono quelle misteriose opere grafiche che chiamano "verifiche scritte". Se c'è un motivo per scappare dal nostro paese è il pensiero che quando noi saremo vecchi l'Italia sarà nelle loro mani. Aiuto.
Comunque, per tornare ai nostri test, i genitori sono già abbastanza terrorizzati all'idea che i loro "tesori" non siano all'altezza di cotanta impresa e senza bisogno d'altro l'editore non deve far altro che offrire la soluzione più semplice: il libro per la preparazione al test. Vi prego, se entrate in una libreria, chiedete di visionare uno di questi libri; vi renderete conto del livello di difficoltà di cui stiamo parlando. Ebbene, nonostante questo i genitori cercano il solito "aiutino", quel qualcosa che aiuti i loro figli a "passare" il test INVALSI, a fare meglio degli altri. E noi abbiamo quello che cercano.
Sia chiaro: quello che abbiamo da offrire è solo fuffa, libri con domandine scopiazzate qua e là da qualche stagista annoiato, niente di più. Eppure li vendiamo come se fossero la chiave del successo. E i clienti ci chiedono pure i consigli: meglio questo o meglio quello? Facile, è meglio quello che mi garantisce il più alto margine di guadagno...
Siamo ad un passo dal reato di "circonvenzione di incapace", e per una volta non mi riferisco agli studenti.