domenica 31 ottobre 2010

Solo una libreria in meno

Volevo scrivere qualcosa su certi clienti ma venerdì sera mi hanno dato una notizia che mi ha lasciato di sasso: la mia vecchia libreria sta per chiudere.
Che i conti non tornassero lo sapevano tutti, io stesso ho aspettato per mesi di prendere il mio ultimo stipendio. Sembra però che da quando me ne sono andato le cose siano peggiorate, e non poco. Inoltre è cambiata parte della dirigenza e forse qualcuno si è stancato di coprire i lampi di genio di certi incapaci.
Fatto sta che per me è come se mi stesse morendo un parente. Pensavo che se fosse successo avrei provato soddisfazione perché sarebbe stata la dimostrazione che chi si lamentava di me e della mia gestione si sbagliava di grosso e stava avendo quello che si meritava. Ora la mia vendetta è arrivata ma io resto con l'amaro in bocca.
E' uno spazio che rimane vuoto, una parte della mia vita che non può essere riempita da nient'altro. E non è solo questione di ricordi; quel negozio rimane il mio negozio perché io l'ho preso e rivoltato come un calzino, mentre chi è venuto dopo di me non ha spostato neanche una sedia. Non c'è uno scaffale che io non abbia sganciato, non un libro che io non abbia avuto almeno una volta tra le mani. Ho trovato soluzioni a problemi che i miei dirigenti nemmeno vedevano e per le quali ovviamente nessuno mi ha mai ringraziato. E tutto senza spendere una lira. Sembravo MacGyver, prendevo un cubo di legno dalla cantina e lo usavo per la vetrina, con gli scatoloni dei libri facevo i rialzi dei tavoli, coi cassetti dei mobili esponevo la cartoleria... e tutto è ancora come l'ho lasciato.
Chi è venuto dopo di me è salito sulla barca ma invece di continuare a remare si è lasciato portare dalla corrente. Solo che sappiamo tutti (intendo noi che capiamo qualcosa di librerie) dove porta la corrente.
Le librerie chiudono, una dopo l'altra, e la gente esulta perché vince il mercato. Un mercato drogato da prezzi astronomici, guerre di sconti, promozioni una dietro l'altra, casi letterari ben pilotati, marketing da supermercato. E in fondo è giusto che sia così perché quello che conta è vendere, tutto il resto sono solo chiacchiere.

giovedì 28 ottobre 2010

Finché siamo in pochi va bene...

Porca miseria, adesso ci sono anche i lettori. Non ci voleva proprio.
Mi toccherà dare una sistemata alla casa, pulire un po', magari dare una tinteggiata alla grafica del blog, che a distanza di qualche mese fa già schifo. Il web invecchia alla svelta, a quanto pare.
Vorrei chiarire una cosa. A volte parlo di me come di un libraio, succede soprattutto con persone che non conosco ed alle quali non voglio dare l'idea di essere professionalmente un fallito. Allora se qualcuno mi chiede che lavoro faccio rispondo semplicemente: faccio il libraio, ben sapendo che un terzo delle persone a cui lo dico ignorano del tutto che cosa significhi l'espressione "fare il libraio", un terzo pensa che io lavori in una biblioteca e tutti gli altri pensano che le librerie siano come quelle di "C'è posta per te".
Con i colleghi invece cerco sempre di distinguermi, non mostro mai il minimo segno di orgoglio per questa professione e con i clienti poco ci manca che mi dichiari un incapace buono solo di usare il computer.
D'altra parte c'è poco di cui vantarsi al pensiero che con una laurea (di quelle di una volta) e una specializzazione (sempre di quelle) faccio un lavoro che, parliamoci chiaro, non richiede né lauree né specializzazioni, tanto meno quelle delle scuole librai.
In conclusione? Boh. Da una parte mi fa comodo sapere di poter essere qualcuno, ma dall'altra mi va stretta ogni definizione che mi imprigioni definitivamente.
La mia professione è retta dal verbo "fare", non dal verbo "essere".

domenica 24 ottobre 2010

Ricominciamo

Ma sì, ridiamo vita a questo blog che sembrava morto e sepolto.
Perché l'ho abbandonato? Perché lo riprendo? Perché nessuno lo legge?
Comincio ad averne le tasche piene di vendere libri. Sono stanco dei clienti. Voglio cambiare lavoro ma ho paura che l'alternativa sia peggiore di quello che lascerei. E allora scrivo per sfogarmi un po', con la certezza che nessuno mi legge, e comunque nessuno mi conosce.
E poi voglio essere cattivo.