domenica 26 giugno 2011

Regola N.1: "Mai dare consigli"

Certo, nell'immaginario collettivo il libraio è proprio quello che dà consigli, una specie di guru del tempo libero. Tu entri in libreria e ti trovi un arzillo vecchietto che ti racconta di quando tra i suoi scaffali si incontravano il professor Pincopallino ed il noto scrittore Taldeitali, i tempi della vecchia borghesia illuminata. E così, tra un ricordo malinconico ed un giudizio pungente sugli scrittori di oggi, prima di uscire, il vecchio libraio tira fuori da qualche parte un libro molto più vecchio di lui e te lo consegna: un libro che ha tenuto da parte per una persona speciale...
Cazzate.
Questo libraio non esiste, questa libreria non esiste, questo cliente non esiste e se il cliente sei tu mi dispiace tanto ma non esisti nemmeno tu.
Una volta ho dato un consiglio e la sceneggiata che ne è seguita la ricordo ancora adesso, quindi io con i consigli ho chiuso.
Una nonnina voleva un libro per la nipotina di dodici anni: "Vorrei un bel libro, sa, come 'Il giardino segreto', 'Pattini d'argento'..." e io che non ho mai letto i classici (tutto quello che mi serve l'ho imparato leggendo 'Topolino') ho pensato: se la nonnina si presenta con questi libri alla nipote dodicenne di oggi non oso pensare a quello che potrebbe succedere, si leggono certe cose sui giornali... ora le do un bel libro moderno, così le faccio guadagnare un po' di punti.
Non avendo mai letto nemmeno i libri moderni per ragazzi ho usato l'unico criterio che avevo a disposizione: un libro che si vende! Mi guardo attorno ma non ci vuole molto. "Ecco nonnina prenda questo: Quattro amiche e un paio di jeans, vedrà come sarà contenta sua nipote". In effetti la nipote non ebbe di che lamentarsi. Fu il padre, sembra, a non aver gradito certi riferimenti espliciti ad un certo modo di intendere i rapporti con l'altro sesso (non mi sono mai preso la briga di verificarne l'inadeguatezza). Il padre deve aver rinfacciato la cosa alla suocera e quest'ultima, invece di venire da me, pensò bene di andare dal mio capo. Cazziatone epocale e pietra sopra ai consigli.
Che poi, diciamo la verità, più nessuno chiede consigli al libraio: si va su internet, si leggono i blog, si guarda la tele... a cosa servono i consigli? Tutti sanno quello che vogliono: ho letto ieri su Repubblica una recensione... non l'ha letta? Ma come: era ieri su Repubblica! Ah, lei non legge Repubblica? Dovrebbe leggere Repubblica, ci sono sempre tante recensioni, ci scrive anche Augias...
Per un certo periodo ho provato anche un'altra tecnica: ridurre la scelta a due libri e lasciar decidere il cliente. Io faccio la selezione, il cliente decide. Mi sembrava un buon compromesso. Mi sono immediatamente reso conto che il cliente preferisce uscire senza libro piuttosto che decidere. Viene assalito dai dubbi più assurdi, come quei gatti che sono in mezzo alla strada e non sapendo da che parte scappare si fanno spiaccicare dalle macchine.
Alla fine ho deciso: basta consigli.
- Scusi avrebbe da consigliarmi...
- Prenda questo, piace a Augias, piacerà anche a lei. Buona giornata.

giovedì 23 giugno 2011

Entra un cliente con in mano un foglietto spiegazzato. Scritti a matita in un corsivo illeggibile erano scritti su questo foglio il titolo e l'autore di un libro ma il sudore della mano del latore del foglietto hanno irrimediabilmente cancellato anche quel poco che c'era da leggere. Inizia l'interrogatorio. Titolo e autore, faticosamente ricostruiti dal cliente, non dicono niente al gestionale. Provo a buttare tutto in Google, che ormai ho capito essere il modo più rapido per sistemare le informazioni sbagliate dei clienti (in fondo è così che la maggior parte di loro trova i titoli che poi mi viene a chiedere); ma anche Google non trova niente.
- E' un libro vecchio?
- No, è appena stato pubblicato in Inghilterra.
- Ma il titolo che mi ha dato è in italiano!
- Sì.
- Mm...
- Il titolo in originale era in inglese...
- ...e lei lo ha tradotto?
- Sì.
Bravo. Adesso che hai dimostrato di saper tradurre il titolo di un libro fammi un favore, dimmi il titolo in inglese, dimmelo giusto, scandisci bene le parole, non farmi fare figure e... ah già, mi hai dato l'autore, almeno quello sarà giusto...
- Guardi, probabilmente il libro che cerca non è ancora stato tradotto. Posso recuperarglielo in inglese. Può farmi lo spelling dell'autore?
Nel frattempo apro il database inglese. Digito. Non faccio in tempo a leggere il risultato che il cliente mi gela con una domanda:
- Ma allora il libro che arriva è scritto in inglese?
Alzo lo sguardo. Lo fisso. Annuisco.
- Non c'è per caso la possibilità di farlo arrivare in italiano? Perché in inglese è un casino...

martedì 14 giugno 2011

Il mio referendum

Avevo già iniziato a scrivere un post politico in cui dicevo la mia sul referendum.
Tanto per cominciare avevo fatto la mia dichiarazione di voto (due no e due sì, perché credo che il pubblico debba gestire solo quello che non riesce a gestire il privato, e non il contrario); poi avrei voluto fare alcune considerazioni in ordine sparso sotto forma di domande.
Perché, ad esempio, si è puntato tutto sull'idea dell'acqua come bene comune quando era in discussione la gestione del servizio e non la proprietà? E perché l'acqua, bene comune se si tratta di vincere un referendum, diventa né più né meno che una medicina se si tratta di somministrarla a un malato? Quando ci chiameranno, perché lo faranno di sicuro, a votare su questo argomento, ci sarà qualcuno che si ricorderà dei discorsi che facciamo oggi?
Dove sono quelli che un po' di tempo fa avevano chiesto l'election day perché pensavano che separare amministrative e referendum fosse un modo per boicottare questi ultimi? La gente ha dimostrato che se vuole va a votare anche tre volte in un mese e soprattutto dovrebbe essere chiaro che quando un referendum non raggiunge il quorum è semplicemente perché la gente ha deciso, deciso, capito? deciso di non votare. E alla luce di questo, che come direbbe Travaglio, è un fatto, possiamo per favore rivedere i giudizi dati e le analisi fatte sul voto, ad esempio, al referendum sulla procreazione assistita? E quelli che si lamentavano perché non c'era abbastanza informazione, che dicevano che la gente non sapeva nemmeno di dover votare... adesso come si giustificano?
E poi cosa mi rappresenta l'Azione Cattolica che si schiera a favore dei referendum sull'acqua? E perché da un po' di tempo a questa parte non sento più parlare di "ingerenza" della Chiesa negli affari italiani? Nemmeno i radicali si sono lamentati quando hanno saputo che i preti invitavano a votare "sì": i radicali sono diventati clericali?
Insomma avevo in mente di dire queste quattro cose.
Poi sono tornato a casa, ho acceso la televisione e ho visto Scalfari intervistato dalla Gruber. Scalfari. Per me rimarrà sempre un mistero il motivo per cui un giornalista, da un certo momento in avanti, diventa un intellettuale senza aver fatto altro che articoli sui giornali. Voglio dire: cosa capisce Scalfari di quello che gli succede intorno? Io lo ascolto e fatico a capire quello che dice, e quel poco che capisco non sono altro che battute, frasi a effetto e, nel migliore dei casi, banalità. Niente per cui mi sembri necessario dargli lo spazio che ha in televisione. Poi, all'improvviso, tutto si chiarisce. Con un pretesto madornale Scalfari riesce a citare il suo libro ed immediatamente la regia manda la copertina: è tutta una colossale marchetta!
Il referendum è stato fatto per dare la possibilità a Scalfari, e a quelli come lui, di andare in televisione a pubblicizzare i loro libri. Tutto il resto non conta niente.

mercoledì 1 giugno 2011

Un viaggio a Roma

Sei a Roma, hai tempo da perdere, passi davanti a una libreria e cosa fai, non entri? Se poi di questa libreria hai sentito parlare come di una delle più belle d'Italia...
In effetti la MEL Bookstore colpisce il cliente principalmente per lo spazio interno, o come dicono gli esperti, per il layout: sembra di entrare nell'atrio di un palazzo barocco ma con qualcosa di molto moderno. Il bianco prevale, l'impianto generale appare subito chiaro: al piano terra i libri, ordinati in scaffali ed espositori che ricordano quelli delle vecchie Feltrinelli, al primo piano il bar, che si affaccia sul piano terra creando un unico grande ambiente. Veniamo ai libri. La MEL è una grossa libreria e c'è quello che ci si aspetta di trovare: novità impilate, editori di consumo, cd musicali, dvd, etc. La sorpresa è al piano sotterraneo, dove l'atmosfera cambia e ci si ritrova in una libreria scolastica vera e propria, con libri usati e bancone a dividere lo spazio dei clienti dal magazzino. Due facce della stessa medaglia che riescono a convivere. Certo che da qui a definirla una delle più belle d'Italia... Probabilmente fa grandi incassi, e questo al giorno d'oggi è molto, molto bello.
Passeggiando dalle parti del Pantheon entro in una piccola libreria, piccola e, questa sì, bellissima, probabilmente un capolavoro dal punto di vista dell'allestimento e giustamente molto difficile da descrivere. Si chiama "Amore e Psiche". La sala principale è abbastanza alta, con scaffalature in legno che arrivano fino al soffitto. Al centro della stanza c'è una struttura in metallo che sostiene una scala fatta solo di gradini in legno. Avendo poco spazio viene da pensare ad una piccola scala ripida, invece questa è l'opposto: una piccola scala molto lunga, che quasi attraversa tutta la sala principale. Al termine della scala, a non più di due metri di altezza, ci sono quattro strette passerelle che danno accesso agli scaffali più in alto. Le passerelle sono fatte con doghe in legno distanziate fra loro fissate a barre di metallo: la luce filtra attraverso le doghe e si crea una piacevole penombra. I gradini vengono usati anche per esporre libri. In un angolo un pianoforte viene usato per esporre libri di musica. L'impressione è quella di un ambiente veramente accogliente, caldo e, nonostante lo spazio disarticolato, molto ordinato.
Ma i libri? La mia impressione è che ci sia una bassissima densità per metro quadro, il che significa avere i libri esposti di faccia, gli scaffali mezzi vuoti e tutte le difficoltà di chi, con poco spazio, si permette anche di avere pochi libri, anche se accuratamente selezionati. Per fare un esempio: un intero scaffale è riempito con un solo titolo, "Il pensiero nuovo", che poi scopro essere stato scritto da uno dei proprietari. Insomma, non mi tornano i conti. Forse c'è qualche mecenate che sostiene le spese; comunque una libreria così, se la aprissi io, chiuderebbe nel giro di un paio d'anni.
Completamente diversa la libreria "Altroquando", eppure a suo modo ben costruita. Qui l'elemento caratterizzante è una parete piazzata al centro della sala, elemento che a prima vista scoraggerebbe chiunque di buon senso dall'aprire una libreria. Non sto parlando di una parete normale ma di qualcosa di simile ad un muro romano, spesso forse due o tre metri, insomma qualcosa che non passa inosservato. Ebbene proprio al centro di questo muro è stato aperto un arco, come il fornice di un arco di trionfo, e proprio lì dentro è stato sistemato il banco informazioni con la cassa. Quando si dice saper sfruttare gli spazi (escludo a priori che qualcuno possa progettare volutamente un elemento così ingombrante). Il resto dell'allestimento è abbastanza tradizionale, se non ricordo male. La musica di sottofondo è molto bella ma un po' troppo invadente, penso, finché non capisco che si tratta di musica dal vivo che proviene dal piano interrato. Mi astengo dallo scendere, dato che ho ben chiaro che non acquisterò alcun libro, ma mi rendo conto che deve esserci un piano dedicato alla musica e, probabilmente, alla birra. Sembra proprio che anche da noi ormai si stia facendo largo il modello che associa il libro alla ristorazione.
Quanto ai libri, anche qui non si può dire che ci sia un grande affollamento. Ci sono in prevalenza libri di cucina, spettacolo, fumetti; qualche piccolo editore affiancato a qualche collana di richiamo... Nel complesso si punta al pubblico giovane ma pur sempre selezionato, non certo agli studenti o alle casalinghe. Mi domando sempre se queste librerie facciano i soldi, se li fanno, vendendo libri o servendo birra.
Compro un solo libro, e lo faccio in una topaia dalle parti di palazzo Farnese, "La grotta del libro", un buco stipato di libri usati, vecchi, polverosi e quasi tutti malmessi, libri a cui un pazzo ha deciso di dare un'ultima possibilità di vita rimettendoli in circolo. Per chi si occupa quotidianamente dello smercio di novità effimere trovare posti come questo è come entrare in un museo, come assistere ad uno scavo archeologico. Trovi libri che non vedevi più da un pezzo e ti viene anche un po' di nostalgia. E compri un libro non per il contenuto ma per la storia che si porta dietro.