Circa un mese fa Romano Montroni ha pubblicato un articolo su Repubblica a proposito della cosiddetta legge Levi, quella sugli sconti, detta anche legge anti-Amazon per il suo palese ed unico obiettivo: mettere un freno alla conquista del colosso americano di una bella fetta del mercato italiano. Una legge "contra aziendam" su cui nessuno ha avuto da ridire.
Il libraio è un po' contraddittorio nei confronti della legge: quando si presenta un cliente a chiedere lo sconto assume l'espressione affranta di chi vorrebbe quasi regalare il libro se potesse, ma questa legge che lui è costretto a subire gli impedisce ogni slancio di generosità; quando invece ne parla fuori dal negozio (tra le gente, sui giornali, sui blog) allora benedice la legge come unica difesa dell'esistenza stessa delle librerie.
L'articolo di Montroni è molto piaciuto ai miei colleghi perché non approfondisce il problema e si limita a fare l'apologia della figura del libraio. In sostanza dice: oggi i libri non si vendono perché al posto dei librai di una volta (e Montroni è uno che sa di cosa parla) ci sono solo giovani commessi ignari di che cosa sia il mestiere (naturalmente parla di me). Non sono gli sconti ad attrarre il pubblico, a far vendere un libro; quello che serve è un libraio competente, capace di consigliare e di creare attorno a sé un ambiente adatto alla circolazione di idee. La libreria deve tornare ad essere terreno fertile su cui coltivare cultura. L'ultima metafora è mia, ma tanto gira e rigira il concetto è sempre quello. E' come se i cosiddetti "vecchi librai" avessero messo un disco che va in loop.
Il problema è che Montroni, come la Valeri, non è bugiardo, ma reticente. Cosa intende quando parla del mestiere? Perché non dice che il mestiere del libraio è prima di tutto un fatto di commercio, il che significa vendere i libri, belli o brutti che siano? In realtà, per come la vedo io, Montroni sta dicendo: se non si vendono i libri è perché non ci sono persone capaci di convincere i clienti a comprarli. E in questo ha ragione. Se non si riporta il ragionamento coi piedi per terra, se non si smette di parlare di cultura ogni volta che esce un romanzo, se non la si smette con la storia che il-libro-non-è-una-merce-come-un'altra, non si capiranno mai certe dinamiche che invece a me sembrano chiarissime e che si riducono a un concetto semplice: il mestiere del libraio è vendere. L'orizzonte del libraio è la vendita, non la lettura. Che poi certi clienti vogliano sentirsi parte di un cenacolo di eletti e per questo vogliano un libraio alla loro altezza, questo è un altro discorso.
A questo punto mi viene in mente l'aneddoto riferito al momento in cui Steve Jobs tornò in Apple da salvatore della patria dopo esserne stato allontanato. Alla domanda sul perché i prodotti della Apple in quel momento non avessero successo Jobs rispose lapidario: perché fate prodotti di merda. Ecco, io penso che se la gente non compra il prodotto "libro" il motivo è sostanzialmente lo stesso. Quindi né sconti né bravi librai, semplicemente buoni libri. E forse qualche editore dovrebbe farsi un esame di coscienza.
2 commenti:
Ineccepibile. Ma resta il fatto che ci sono dei lettori che sanno benissimo quali buoni libri comprare. E avrebbero gradito e i buoni libri, e i librai e gli sconti su Amazon, sul quale sanno orientarsi. Mais pas de problèmes, si può sopravvivere perfettamente senza comprare libri italiani...
Ti ho appena scoperto e suppongo che tornerò spesso. Come dice ‘povna, c’è chi sa benissimo cosa comprare e, in fondo, comprare qualche libro in più grazie a qualche sconto in più non ci dispiaceva. Se poi vogliono vietare gli sconti nel mese di dicembre o in quello di luglio poco conta perché il lettore è lettore sempre non solo a Natale o in prossimità dell’apertura di un ombrellone. Domanda: ma che tu sappia, questa legge sta aiutando le librerie? Sta aiutando il commercio del libro? Perché dubito che stia aiutando i lettori…
Buona giornata
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