martedì 16 febbraio 2010

Come si diventa famosi (cose che succedono in una libreria)

Hoepli: L' hanno preso qui ma nessuno se n' è accorto
di Massimo Pisa
SI AVVICINA alla cassa centrale, piano terra, davanti alla vetrata che affaccia sulla via che porta il suo nome. «È qui che hanno preso le banconote?». No, lo sportello dove Milko Pennisi aveva appena cambiato un pezzo da 500 euro, pagandone 72 per tre libri di Eva Cantarella, Massimo Introvigne e Dacia Maraini, è il secondo da destra. Ulrico Hoepli si fa accompagnare al piano "meno 1" della sua libreria. Vuole vederli, i libri. Toccarli («No, dottore, L' ultimo simbolo era qui ma è esaurito, mi sa che era l' ultima copia quella lì». «Bene, vuol dire che in cella quel signore avrà qualcosa da leggere»). Ripercorrere la scena dell' arresto a sensazione, una sequenza da cinema andata in onda in mezzo ai clienti alle 16.15 di giovedì. «C' era folla - racconta l' editore-libraio - ma non come al sabato. Sono arrivati in dieci, poliziotti e finanzieri, sono entrati discretamente e discretamente hanno condotto tutto. L' arresto, il controllo della banconota con cui il signor Pennisi aveva pagato i libri, per verificarne il numero di serie. Sarà durato in tutto venti minuti. E nessuno si è accorto di nulla, a parte la cassiera francese che ha avuto un mezzo infarto quando le hanno detto: polizia. Tutto con grande rispetto, siamo rimasti perfino ammirati». Il nome di Milko Pennisi, fino a metà pomeriggio di giovedì, era del tutto sconosciuto al proprietario della grande libreria alle spalle di piazzetta San Fedele, ma anche a direttori, vice, commessi. Non era un cliente abituale, insomma, quel signore che era andato direttamente al piano interrato, quello dei libri di storia, a prelevare un volume sulla massoneria, uno di storia antica e uno di storia moderna, e poi pizzicato alla cassa. «Che fosse una persona importante l' abbiamo capito alla sera - prosegue Hoepli - dal telegiornale. E poi dai giornali del giorno dopo, li abbiamo sfogliati tutti. Ho letto che il signor Pennisi è laureato in Giurisprudenza, come la Cantarella, una delle autrici che aveva scelto, chissà perché. Come Berlusconi. D' acchito non potevamo riconoscerlo: non è certo Marylin Monroe, o Bill Clinton per usare un paragone meno irriverente. Un po' più invecchiato di come lo abbiamo visto poi in foto». La scena va in dissolvenza poco dopo le 17.30 di giovedì. «Ci hanno fatto firmare i verbali - aggiunge Hoepli - ci hanno ringraziato chiedendoci di restare a disposizione e così abbiamo fatto». L' eco dell' arresto, quello, non si è ancora dissolto. Viaggia sui titoli dei giornali sfogliati alle casse, sui commenti agli sviluppi della vicenda e - con un pizzico di vanità, massì - sulle foto della grande insegna Hoepli a corredo degli articoli. «Bisognerà capire, adesso - ragiona Hoepli - che effetto avrà in campagna elettorale. Come affronteranno il fatto le tv. Se è un fatto isolato o se c' è altro dietro. Lei che dice? Molto, molto interessante...».
da: Repubblica, 14 febbraio 2010, sezione MILANO, p. 2

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I soldi nascosti nel bagno della libreria Hoepli
Le tangenti a Pennisi: altri imprenditori in procura
L'interrogatorio. Lui si è difeso davanti al giudice: è stato Basso a offrirmi denaro. Oggi la decisione sull'arresto

di Marsiglia Biagio
MILANO - Gli gira proprio male, a Milko Pennisi. Nel giorno in cui, davanti al gip Simone Luerti il dimissionario presidente della Commissione urbanistica del Comune di Milano ha tentato di dire che lui non ha concusso proprio nessuno ma che ha «solo ceduto all'offerta di un imprenditore», in Procura a Milano hanno bussato altri colleghi dell'immobiliarista Mario Basso. E anche loro, si intuisce, come Basso sarebbero rimasti vittima del «sistema Pennisi». Si tratta di primi «timidi contatti», si dice a Palazzo di giustizia, ma è oramai un dato di fatto che l'invito dei magistrati a farsi avanti è stato raccolto e ha sortito i primi concreti effetti. Altro lavoro, dunque, per finanza e polizia. E altri guai per Pennisi. Che davanti al giudice, ieri mattina, s'è presentato coi capelli arruffati, tono dimesso, la voce affranta. Assistito dall'avvocato Antonio Bana, l'esponente del Pdl s'è piantato le mani nei capelli e ha confessato la tangente. Ma ha subito aggiunto di non avere fatto alcuna richiesta e di non avere obbligato nessuno a pagare. Anzi, ha puntato il dito contro chi l'ha fatto arrestare, Mario Basso, sostenendo che sarebbe stato proprio l'imprenditore bresciano ad avergli offerto i soldi. Non un concussore, quindi, punito con una pena da quattro a dodici anni, ma un corrotto, punibile con una pena minore, da due anni a un massimo di sei. Chiara la strada imboccata da Pennisi, che non ha certo sorpreso il legale di Mario Basso, l'avvocatessa Daniela Covini. «Non mi stupisco delle dichiarazioni rese da Pennisi in sede di interrogatorio e riferite dal suo avvocato. È una scelta difensiva in tema di concussione, aggiungerei la più praticata anche ai tempi di mani pulite. Non ritengo di dire altro - ha precisato il legale - considerata anche la modalità dell'arresto, il comportamento e la denuncia del mio assistito». In effetti si fa fatica a comprendere perché mai Basso, la cui pratica era stata già approvata e che ha filmato lo scambio della prima tranche della tangente, avrebbe dovuto ungere il presidente di una commissione che non ha parere vincolante anche se fosse negativo. Giochi delle parti. A dire il vero ieri, quando nelle stanze di San Vittore è stato portato davanti al giudice Luerti, Milko Pennisi era ancora convinto che gli investigatori non avessero trovato le 10 banconote da 500 euro l'una, segnate e fotocopiate in procura prima del suo arresto. Era ancora convinto che finanzieri e poliziotti si fossero inutilmente persi dentro la libreria Hoepli dove lui si è precipitato subito dopo avere intascato il pacchetto di sigarette con sorpresa. «Io di soldi non ne ho presi, addosso non mi hanno trovato niente...». Ci ha provato ancora, Pennisi. Poi il giudice ha perso la pazienza e lo ha inchiodato leggendogli il freschissimo rapporto della guardia di finanza che racconta, come in un romanzo, la ricerca della mazzetta passata da Basso all'arrestato e apparentemente sparita tra le migliaia di libri del negozio. In realtà Pennisi non ha tentato alcuna fuga, al momento dell'arresto. È corso all'interno della libreria per verificare che i soldi fossero buoni e nascondere la tangente. Dove? Nel bagno del piano sotterraneo della libreria Hoepli, dietro il termosifone. Niente male, per uno alla sua «prima volta». Pennisi è stato arrestato giovedì scorso, ma i soldi sono stati ritrovati di venerdì, dopo ore e ore di faticose ricerche. I finanzieri e i poliziotti hanno dovuto rovistare tra migliaia di libri, ogni copertina poteva essere un buon nascondiglio. Ma alla fine, di scaffale in scaffale, gli investigatori sono finiti in bagno, un posto quasi introvabile. Segno che Pennisi, che ha agito molto in fretta, sapeva bene dove mettere mani e piedi. Dietro il termosifone c'erano nove banconote, la decima era stata spesa per acquistare libri. Ottanta euro di libri. Per questo nel portafoglio il colonnello della finanza gli ha ritrovato i 420 euro di resto oltre ad altri soldi che Pennisi aveva prima di arraffare la mazzetta. Facile, a quel punto, rintracciare la decima banconota segnata nella cassa della Hoepli. Anche quella è stata sequestrata, e la cassiera, stupita, ha riconosciuto in Milko Pennisi il cliente che l'aveva appena spesa. «Aveva una gran fretta...». Ha detto la ragazza. E si capisce bene il perché.
da: Corriere della Sera, 15 febbraio 2010, sezione Milano, p. 9

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