Oggi le mie colleghe mi hanno segnalato un bellissimo articolo di Roberto Napoletano sul Domenicale del Sole 24 Ore. Lo leggo e mi trovo catapultato ancora una volta in un mondo che non è il mio. E' il solito lamento nostalgico di chi ama annusare i libri e che deplora il fatto che di tanto in tanto una libreria chiuda. Di chi cita per nome i proprietari delle librerie che frequenta e che sono sparse per l'Italia. E io questi discorsi non li sopporto più.
Ho conosciuto Roberto Napoletano qualche anno fa, quando venne in negozio per assicurarsi che il suo libro appena uscito fosse stato esposto adeguatamente (e se ne andò senza sapere che era stato tirato fuori dagli scatoloni in fretta e furia e solo grazie al suo arrivo); temo che il rapporto fra autori di libri e librerie non vada molto più in là di così, altro che girare per toccare e annusare. Ho avuto come clienti abituali comici, attori, cantanti, presentatori televisivi, psicologi, politici chiacchierati e persino un ex ambasciatore, ma un solo giornalista (firma autorevole del Corriere) e nessuno scrittore. I giornalisti veri credo non abbiano tempo né denaro per passare le ore in libreria; gli altri sono quelli che ricevono pile di libri omaggio dagli editori che sperano anche solo in una citazione (e nessuna citazione è casuale, mettetevelo in testa). Per questo sono sempre un po' perplesso quando sento i giornalisti fare questi discorsi.
Faccio poi notare che le librerie citate da Napoletano non rientrano certo nella categoria "piccola libreria di quartiere": in alcuni casi stiamo parlando di gente che è proprietaria di quattro o cinque negozi, gente che ha alle spalle patrimoni da far paura e che se decide di chiudere non lo fa perché è costretta ma solo perché non ha più interesse ad investire e preferisce godersi le rendite dei suoi immobili.
Paradossalmente l'immagine di libreria che si ricava da quest'articolo, che si basa su premesse quantomeno discutibili, è tuttavia la più vicina alla realtà. Per questi intellettuali da terza pagina le librerie sono ormai dei parchi di divertimento per adulti, un passatempo per quel che resta della pausa pranzo, posti dove si va a fare un giro. Dispiace che chiudano perché non si potranno più annusare i libri, perché i vecchi lirai di una volta ormai ricchi sfondati non avranno più un posto dove mostrare ai giornalisti amici le copie della loro ultima fatica.
E con argomenti come questo vorreste difendere il mio posto di lavoro?
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