domenica 25 marzo 2012

Presunto colpevole

Il paradosso è che ci facciamo fottere regolarmente tutti i cd allegati ai libri sui cantanti e poi di contro ci infiliamo in vicoli ciechi che terminano con un bicchiere pieno d'acqua: e lì iniziamo ad affogare.
Entra un tizio, nostro cliente abituale, uno che sa solo sistemarsi su qualche parte del tuo apparato riproduttivo e cominciare a saltare. È venuto a ritirare due libri ordinati: li prendo, li consegno, accenno un sorriso e appiccico un post-it su uno dei libri, alle casse sanno cosa fare. Saluto e dopo avermi rilasciato la solita inutile battuta anche lui se ne va.
Tempo dieci minuti e scende il buttafuori. Con la sua parlata lenta e terrificante perché sorretta da una perfetta padronanza della sintassi (unico segno evidente del fatto che sia uno straniero, a parte il colore della pelle) mi domanda se ricordo di aver dato due libri al tizio di prima. Sì, dico io, e intanto mi accorgo che sto iniziando ad arrossire. Arrosisco sempre quando mi accorgo di aver fatto o detto una cazzata. Non ho motivo di arrossire, non ho fatto nessun errore, non ho parlato, non ho fatto niente e mi ricordo perfettamente di aver dato due libri al nostro cliente. Potrei persino dirti i titoli. Ma un buttafuori nero che ti fa una domanda scandendo le parole e coniugando i verbi alla perfezione ti fa arrossire, credimi.
Mi dice che il tizio è uscito senza passare dalla cassa e teneva in mano il post-it. Dove ha messo i libri? Quando un buttafuori nero ti chiede dove hai messo i libri se non sei un idiota hai già capito come andrà a finire. Ma io non ho fatto niente, io gli ho solo dato i libri. Vaglielo a spiegare, al buttafuori, che è lui che deve controllare certe cose.
Mi chiama il direttore, vuole sapere cosa è successo. Il buttafuori lo ha informato dei suoi "sospetti". E io gli spiego. Si tratta di un nostro cliente abituale, uno di quelli che ordinano e poi non ritirano, poi si ricordano, poi il libro non c'è più, allora riordina e quando il libro arriva non si sa dov'è... prendono, lasciano, riportano, cambiano, fanno un po' quello che hanno voglia. Magari... si è dimenticato di pagare. Ho detto proprio così: magari si è dimenticato di pagare.
A me una volta è successo: sono entrato nel bar di uno che conoscevo con una ragazza, abbiamo bevuto qualcosa, sono uscito e dopo un po' mi sono reso conto di non aver pagato. Ero distratto.
Questo risvolto personale al direttore non l'ho raccontato e forse per questo lui ha trovato inverosimile la mia spiegazione. Secondo lui ci trovavamo di fronte ad un furto in piena regola perpetrato ai danni dell'azienda da uno che oltretutto, vengo a sapere, non è la prima volta che desta dei sospetti per il suo comportamento. Bisognava intervenire con fermezza. Intervenire con fermezza... nei confronti di chi? Del cliente? E le prove? No certo, impossibile che si riferisse al cliente. Stavo arrosendo.
Dovevo telefonare al cliente e chiedergli spiegazioni.
- Scusi?
- Lei ha il suo numero di telefono, no? Allora adesso lo chiama e gli chiede come mai i libri non risultano usciti dalla libreria.
- Ma così è come accusarlo di furto! E noi non abbiamo uno straccio di...
Stavo per dire «prova» quando mi ha interrotto: con una di quelle acrobazie linguistiche di cui solo gli incapaci sanno fare buon uso, il direttore mi spiega che non si tratta di accusare nessuno ma semplicemente di mostrare fermezza nei confronti di un atteggiamento che noi non possiamo tollerare; far vedere che siamo attenti, che certe cose non ci sfuggono e che certe situazioni non devono ripetersi...
- Ma questo è un tipo strano, magari c'è un'altra spiegazione...
Niente.
- E lo devo chiamare io?
Certo. Chi dovrebbe prendersi questa responsabiità? Il direttore?
- Pronto?
- Sì, ciao, sono *** della libreria ***. Ti chiamo per quei libri che hai ritirato mezz'ora fa, hai presente? Volevo sapere... per caso li hai rubati? No? Ah be', allora è tutto a posto, e scusa il disturbo.
Scherzo.
Chiamo il cliente e, tra mille cautele, gli domando se per caso non si è dimenticato di passare dalla cassa a pagare i libri che ha preso, spiegando che non risultano usciti. Lui inizia subito a farsi aggressivo; prima mi spiega, in modo un po' confuso, che si è accorto che quei libri li aveva già e non avendo tempo di tornare a ridarmeli li ha semplicemente appoggiati su un tavolo vicino all'uscita. Ovvio. Comunque, prosegue, non sono uno stupido e ho capito benissimo cosa sottintende la tua domanda e siccome non è la prima volta che ho dei problemi di questo tipo col buttafuori, la prossima volta andrò dal direttore per chiarire come stanno le cose.
Vado all'ingresso, prendo i due libri maledetti e rosso come un pomodoro vado dal direttore. Vorrei dirgli ecco, prenditi i tuoi libri, morto di fame che non sei altro, guarda se per due libri devo perdere un cliente... Invece mi accontento di spiegargli come sono andate le cose, dedicando una buona parte del tempo per scagionare il buttafuori.
La morale è: caro cliente, è vero che quando entri ti accogliamo a braccia aperte però se quando esci le braccia le allarghi tu siamo tutti più tranquilli.

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