mercoledì 27 gennaio 2010

Enrico De Alessandri
Comunione e Liberazione: assalto al potere in Lombardia
Bepress 2010

Se è vero che di libri critici su Cielle non se ne vedono in giro molti, è anche vero che non sarà questo pamphlet a colmare la lacuna. L'autore insinua che vi sia una sorta di accordo tra le grandi case editrici (tutte in mano a Cielle, a suo dire) per bloccare le voci di dissenso; forse, più semplicemente, le grandi case editrici non vogliono giocarsi la reputazione con libri senza capo né coda come questo.
I ciellini stanno sulle scatole un po' a tutti, soprattutto a quelli di Azione Cattolica e alla maggior parte dei preti. Alla base di questo sentire comune c'è senz'altro un elemento di "diversità" che li caratterizza e che si manifesta in atteggiamenti di forte coesione e, diciamolo pure, di aiuto reciproco quando serve. Atteggiamenti che, a ben vedere, sono comuni a tutti i gruppi e che hanno in Cielle soltanto l'esempio meglio funzionante.
Detto questo, anch'io non sopporto i ciellini.
Eppure non posso fare a meno di notare come fin dalle prime righe di questo saggio si dia fondo al peggior repertorio di stratagemmi per mascherare, dietro un apparente rigore nell'argomentazione, una quasi totale incomprensione del fenomeno che si vuole analizzare. Succede sempre così quando si ragiona per partito preso.
La cosa più pericolosa che può fare un polemista è cercare di interpretare le affermazioni del campo avverso in modo che servano da sostegno alle sue tesi. Giusto nelle prime pagine l'autore tenta di dimostrare come Comunione e Liberazione sia una setta fondamentalista e totalitaria e cita a questo proposito un testo ciellino del 1975: «Vogliamo rimanere dentro questa chiesa, perché essa sia vera per tutti; al limite, fino a scomparire dentro di essa, fino a far coincide­re i confini del nostro Movimento con i confini della chiesa stessa». Come interpretare questa affermazione? Penso sia chiaro che Cielle, ponendosi come movimento di rinnovamento della chiesa, al pari di altri, considererà assolto il proprio compito una volta che il rinnovamento sarà compiuto e tenderà a fondersi in questa chiesa rinnovata. Naturalmente questa interpretazione presuppone almeno una minima conoscenza dei movimenti religiosi, conoscenza che l'autore non sembra avere. La sua conclusione è questa: «CL ambisce, per sua stessa ammissione, a diventare l’intera Chiesa. Nella sua totalità e "fino a scomparire dentro di essa". Mai sentito nessun altro movimento ecclesiale avanzare simili pretese con tan­ta chiarezza e determinazione». Simili forzature si ripetono ovunque lungo le pagine di questo libro.
«Il carattere settario di CL è ampiamente conferma­to da una vasta, dettagliata e soprattutto "indipen­dente" produzione scientifica svolta da autorevoli professori universitari ordinari». Gli autorevoli professori (stendiamo un velo pietoso sulla qualifica di "ordinari") sono tre, Enzo Pace, Marco Marzano e Salvatore Abbruzzese. Nonostante le ricerche in internet non sono stato in grado di trovare notizie riguardanti Franco Ottaviano (forse identificabile con il parlamentare comunista) né tanto meno Dario Zadra, il cui articolo è però ora presente su Google Books. Marco Damilano è un giornalista; gli altri nomi citati in bibliografia non si sono occupati direttamente di Comunione e Liberazione e sono stati citati, a mio modo di vedere, senza alcuna necessità. Ora mi domando: bastano alcuni titoli di tre professori universitari (Padova, Bergamo e Trento, per altro) a fare una «vasta» e «dettagliata» produzione scientifica?
Il libro non porta una sola argomentazione, non dimostra niente. Il copia e incolla di alcune affermazioni, avvolte da quest'aura di "ipse dixit" del tutto fuori luogo, viene usato per ricavare sillogismi forzati che subito diventano verità indiscusse: «Secondo il giudizio di autorevoli professori univer­sitari...».
La scelta dei termini, poi, non è certo delle più felici. Definire «collaborazionisti» i personaggi citati nel libro e rei di aver in qualche modo favorito Cielle può sembrare solo folklore; dire che una persona è «ciellina» o «vicina a cielle» senza portare lo straccio di una prova che non sia l'autorevolezza degli articoli de "La Padania" è un modo scorretto persino di fare polemica.
Ma arriviamo al nocciolo della questione. L'autore ha il dente avvelenato contro Formigoni, più che contro Cielle, per motivi personali che emergono facilmente dalla lettura della biografia dell'autore. La sospensione dal lavoro di cui si è parlato sui giornali non è che l'ultimo capitolo di una vicenda che ha origine dalla decisione di Formigoni di sopprimere un certo ente del quale l'autore era dirigente...

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