D'accordo, io non posso dire di sapere l'inglese, lo leggo a malapena, se qualcuno mi chiede dov'è il bagno lo prendo per mano e lo accompagno fin sulla porta piuttosto che dare indicazioni, se qualche inglese ha la sventura di trovare me all'altro capo del telefono beh, peggio per lui. Insomma, lingue straniere zero. Sarà per questo che tutti i clienti che dimostrano una conoscenza della lingua straniera superiore alla media mi risultano immediatamente odiosi. La lingua serve per comunicare; una volta che ci si capisce... tutto il resto è superfluo.
Eppure i clienti, soprattutto gli adulti ma ultimamente anche qualche giovinastro, devono sempre sfoggiare il risultato di ore e ore di corsi e soggiorni all'estero. Costruzioni che neanche Cicerone, frasi idiomatiche, di tutto pur di non farsi capire. Nel quotidiano i peggiori sono quelli che per far sentire a tutto il reparto la loro pronuncia oxfordiana si impegnano per rendere incomprensibili anche le parole più semplici. Naturalmente in cima alla classifica ci sono le madri che pronunciano all'inglese anche i nomi dei personaggi dei libri per bambini, quelli che tutti abbiamo sempre pronunciato così come si scrivono: Gulliver, Peter Pan... Bei tempi. Oggi ai bambini di un anno si regalano libri in inglese perché così iniziano... Ma iniziano cosa? A un anno! Ovvio che poi queste vittime innocenti avranno qualche deficit cognitivo certificato fin dalla scuola dell'infanzia, perché se parli inglese perfettamente ma tua madre che vive tra Milano e Londra s'è dimenticata di insegnarti l'italiano, finisce che a scuola fai fatica e ti danno l'insegnante di sostegno. Forse è per questo che adesso si sono inventati di insegnare in inglese anche le materie non linguistiche.
La pronuncia inglese risulta incomprensibile per gli stessi inglesi i quali, per ovviare a questo non piccolo problema, hanno inventato lo spelling. Grande invenzione. Geniale. No, non sto scherzando. Il problema sono gli italiani che per non sembrare provinciali dicendo «"D" di Domodossola» si inventano cose del tipo: "D" di Denver, "M" di Montreal, "H" di Hannover e soprattutto, la migliore, "K" di Kursal. Io non so nemmeno dov'è Kursal, figuriamoci se so come si scrive. Tu sai l'inglese, tu viaggi, magari a Kursal ci sei pure stato. Io no. Come faccio a sapere che Kursal si scrive con la "K"? Per quanto ne so io Kursal potrebbe anche non essere una città...
Tuttavia il rapporto del cliente di una libreria con la lingua straniera non si limita alla pronuncia. Ci sono persone per cui un libro inglese tradotto in italiano ha sempre bisogno, oltre che di un giudizio sul contenuto, anche di due parole sulla traduzione. Com'è la traduzione? Secondo lei è meglio questa traduzione o quella? Il libro è bello, peccato che la traduzione in certi punti... Ah, no, io lo voglio in lingua perché non sopporto le traduzioni italiane!
Benvenuti alla sagra dei palloni gonfiati. Tutti esperti. Tanto più che per valutare una traduzione dovresti come minimo leggere il libro in originale e poi in traduzione e se lo fai o sei in malafede o vuol dire che hai tempo da perdere. Dovresti essere un traduttore tu stesso; invece così è come se dicessi: per tradurre non ci vuole niente, lo potrei fare anch'io e lo farei meglio... Ma la maggior parte di queste persone sono solo dei cialtroni e io, per non sbagliare, faccio di tutta l'erba un fascio: appena qualcuno fa un accenno alla traduzione di un libro lo inquadro subito e lo tratto di conseguenza.
Lo ammetto, giudicare negativamente il lavoro degli altri è una cosa estremamente gratificante; però non tirate in mezzo il libraio, soprattutto se non sa l'inglese e non ha nessuna stima di voi.
4 commenti:
Mai dato noia sulle traduzioni. vero è che se leggi un libro e ti fa schifo poi provi un'altra edizione e ti piace probabilmente è la traduzione a fare la differenza. Tipo mi sono letta i racconti di Edgar Allan Poe della N&C poi quelli in un'altra edizione. La prima volta mi sono detta mah, la seconda mi sono piaciuti. però da lì ad andare in libreria a dire "no ma la tvaduzione in italiano come sa fa schifo" anche no. Triste, borioso, ecc... aggiungo mia mamma fa l'insegnante francese all'asilo ma ai bambini di cinque anni che già cominciano a poter imparare, ma ha sempre sostenuto che prima dei cinque anni i bambini vanno lasciati giocare. per studiare avranno tutta la vita.
Ho molto riso :) (da insegnante di lingue e traduttrice!!!)
Kursaal è tedesco, dicesi: • Locale pubblico di ritrovo mondano; stabilimento termale; albergo con casinò e sale da ballo; caffè concerto, quindi sì, non è una città :D
N&C paga pressoché zero i traduttori e io casualmente evito i libri in traduzione di quella casa editrice come la pesta ;)
peste, peste, eh.
Non mi piaciono i palloni gonfiati ma se arriva qualcuno che sa più di me (e qui posso elencare una marea anche per l'inglese) allora mi tolgo il cappello. C'è sempre da imparare...
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