giovedì 27 gennaio 2011

Saviano e Mondadori

Egregio dott. Saviano,
ho letto la breve intervista da lei rilasciata al Corriere della Sera dell'altro ieri e dopo una giornata di riflessione ho preso la non facile decisione di scriverle, consapevole del fatto che molto probabilmente lei non leggerà mai queste poche righe. Altri leggeranno e si indigneranno, non so ancora se con me o con lei; mi auguro solo che eventuali funzionari della polizia postale, solerti al limite dell'accanimento nei confronti dei piccoli blogger come me, non ravvisino gli estremi per una denuncia, alla quale le mie povere finanze non potrebbero in alcun modo far fronte. La prego quindi di leggere quanto segue con la massima serenità e senza alcun timore.
Leggo per l'ennesima volta nell'intervista sopra citata che sarebbe sua intenzione abbandonare la Mondadori per passare ad un'altra casa editrice; la invito a non prolungare oltre l'attesa. Capisco i suoi timori, visti i tempi difficili, ma le posso garantire che uno come lei non farà fatica a trovare un altro posto di lavoro. Io stesso, in passato, mi sono trovato nella sua stessa situazione: lavoravo in una libreria la cui dirigenza mi dimostrava quotidianamente la propria incapacità, nonché un palese disprezzo nei confronti del mio lavoro. Me ne sono andato e dopo poco tempo ho trovato un altro posto. Certo, nel mio caso ho dovuto accettare uno stipendio leggermente inferiore ma sono sicuro che questo non sarà il suo caso. Insomma, lei non è l'unico a voler cambiare posto di lavoro.
Lei, in quanto giornalista, sente il bisogno di pubblicare tutti i fatti, le decisioni, i ripensamenti che coinvolgono la sua scelta. Ce ne faremo una ragione. Sicuramente la sua lettera di dimissioni finirà in prima pagina sulla Repubblica ed io non posso fargliene una colpa, scrivere è il suo mestiere, lo sa far bene, è giusto che approfitti dell'occasione. Ma, glielo ripeto, faccia in fretta. Non ne possiamo più di questo tira e molla.
Capisco che andarsene senza altro pretesto che quello del cognome del suo datore di lavoro sia piuttosto difficile da giustificare agli occhi della maggioranza dei suoi lettori; d'altra parte sarebbe anche peggio se lei finisse col passare per uno di quelli che vuole farsi licenziare per non perdere l'assegno di disoccupazione. Dovesse succedere, io sarò il primo, nel mio piccolo, a difenderla da quest'accusa che troverei esageratamente calunniosa.
Leggo anche della sua sorpresa nell'apprendere che i monologhi di "Vieni via con me" sarebbero stati pubblicati, naturalmente non da Mondadori. Evidentemente lei non conosce ancora a dovere i meccanismi che regolano la filiera editoriale. Mi permetto di esporli brevemente, in modo da evitare che in futuro lei venga nuovamente colto di sorpresa. Una trasmissione televisiva che abbia anche la minima valenza culturale, o aspiri ad averne, o venga così etichettata al di là del suo reale valore, deve necessariamente tradursi in qualcosa che la gente possa comprare. Il prodotto televisivo non può generare un sufficiente ritorno economico per chi ha investito nella sua produzione. Occorre che la gente compri qualcosa. Persino "Chi vuol essere milionario" è diventato prima un gioco in scatola, poi un libro. Nel suo caso si tratta, mi pare di aver capito, di libro con dvd. Tutti sapevamo che dopo la messa in onda della sua trasmissione-evento sarebbe stato pubblicato un "documento"; l'unico dubbio era quando (il "con chi" ci interessava, e ci interessa, poco o niente). Ora che il quadro si fa più chiaro riusciamo a vedere la trasmissione televisiva per quello che è stata, un enorme messaggio promozionale nei confronti del libro. Ecco perché non c'è proprio niente di cui essere sorpresi.
Concludo questa lettera scusandomi per il tempo che le ho fatto perdere ed augurandole di tornare presto in libreria con un nuovo libro. Abbiamo bisogno di bei libri da vendere.
Cordialmente suo,
lememoriediunlibraio

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