giovedì 11 novembre 2010

Senza titolo

Oggi potrei raccontare due cose che sono successe, una divertente, l'altra no.
Racconto la seconda.
Viene da me un signore anziano che cerca qualche libro sull'alzheimer. Trovo qualcosa, un piccolo Mulino, un Franco Angeli di Vigorelli che piacerebbe leggere anche a me, insomma tiro fuori quello che ho ed inizio l'indagine.
Il cliente è sempre un po' restio a dirti a cosa gli serve il libro ma se non si fa qualche domanda si rischia una serie infinita di «mah, non so» che sempre più spesso, ultimamente, si conclude con un «devo chiedere perché non è per me». D'altra parte anche un bambino capirebbe che qui siamo in un campo minato, malattie e cose del genere, sempre meglio non approfondire troppo.
- Voglio capire i motivi del comportamento di chi è malato di alzheimer.
Io guardo i miei libri e capisco due cose. La prima è che questo cliente forse se ne andrà con un libro ma in quel libro non troverà le risposte che cerca. La seconda è che ho tra le mani una bomba che sta per esplodere e l'unica cosa da fare è liberarsene, al più presto.
- Mia moglie...
Troppo tardi. Come la maggior parte delle persone che hanno problemi familiari anche questo cliente non resiste e deve raccontare tutto al libraio.
- Mia moglie è appena morta e aveva l'alzheimer.
Ho guardato i suoi occhi: normali. Tenere sotto controllo gli occhi di una persona aiuta a capire se la sua situazione emotiva è stabile o inizia a precipitare. Nel caso del mio cliente ho notato molta dignità. Mi sono sentito più tranquillo ed ho iniziato a parlare dei libri, cioè ho provato a vendere. Naturalmente parto dal piccolo Mulino, seguito da "La conversazione possibile con il malato di alzheimer".
- Questo ormai non mi serve più...
Occhi lucidi, ci siamo. Adesso crolla. Io mi immagino la scena di me che lo abbraccio sotto lo sguardo degli altri clienti. Poi penso che no, la soluzione è un'altra: fai il libraio, non lo psicologo, stai sul pezzo, non farti coinvolgere.
Invece è più forte di me.
- Anche mia nonna aveva l'alzheimer.
Inizio a parlare della malattia attingendo a piene mani alla mia esperienza. Dico che le motivazioni del comportamento dei malati vanno cercate nel loro vissuto, che è come se riaffiorassero dal passato alcuni tratti del loro carattere che il tempo aveva sepolto. Insomma cerco di fargli capire che ogni malato è diverso e solo lui può trovare, nel suo vissuto con la moglie, le risposte che cerca.
E, tra parentesi, non sono nemmeno sicuro di dire delle cose sensate.
La situazione rimane in bilico per un po', occhi asciutti, occhi lucidi, poi alla fine, quando vedo che non c'è niente da fare, cioè che il cliente non accetta la soluzione che gli suggerisco (non troverai mai le tue risposte in un libro) gli metto in mano il piccolo Mulino, gli dico che è il libro che fa per lui e lo saluto.
Sono quasi sicuro che tra non molto questo cliente tornerà da me.

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