Certo che Magris deve scrivere maledettamente bene. La sua qualità deve essere nascosta, un profumo, una musica, un calore talmene leggero e suadente che dopo un attimo smetti di farci caso ed è come se non ci fosse. Non ho altra spiegazione per il fatto di essere riuscito a leggere un libro in cui sostanzialmente non succede niente. Un libro senza trama.
Ogni capitolo prende spunto da un luogo ben conosciuto (un bar, una montagna, un parco...) che la penna dello scrittore trasforma in un incredibile microcosmo popolato di personaggi inverosimili e dalle loro storie minime e imprevedibili.
Una delle questioni che si presentano quasi subito ma che non si riesce a risolvere fino alla fine del libro è proprio la dose di realismo che l'autore mette nel racconto. All'inizio pensavo che i personaggi descritti fossero inventati; nel secondo capitolo però entra in scena Mauro Corona, non ancora scrittore famoso ai tempi dell'uscita del libro e definito semplicemente come scultore. Uno dei tanti che all'uscita del libro deve aver fatto pensare a molti: «Impossibile che esista uno così». E invece esiste.
Il libro racconta di persone, racconta di luoghi e di come le distinzioni fra un posto e un'altro, fra una persona e un'altra non siano altro che tentativi artificiosi per definire qualcosa di sfuggente come l'identità.
Ci sono confini che hanno a che fare con lo spazio ed altri con il tempo; leggendo questo libro sembra che in entrambi i casi questi confini non chiedano altro che di essere oltrepassati. Il bar, la foresta, la laguna sono tutti luoghi in cui le diversità che i confini cercano di circoscrivere e definire finiscono col confondersi. I confini definiscono le identità per sottrazione ma il risultato finale non può che essere il nulla.
Lontano da ogni moralismo o retorica, Magris riesce a riflettere sul tema dell'identità con una ricchezza di spunti che forse solo un triestino avrebbe potuto trovare.
mercoledì 29 dicembre 2010
Claudio Magris Microcosmi Garzanti 1997
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