sabato 26 settembre 2009

Alberto Cavanna
Da bosco e da riviera
Rizzoli 2009

Il protagonista di questo romanzo si chiama Pietro ed è figlio di un costruttore di navi. La sua vita e quella della sua famiglia sono scandite dai ritmi imposti dal lavoro: ogni anno il padre di Pietro costruisce una nave, solo una, seguendo procedimenti che sono il risultato di anni, forse secoli di esperienze che si sono sedimentate, come un patrimonio genetico che si tramanda ad ogni generazione.
Questo mondo, fatto di contratti conclusi con una stretta di mano, è destinato a soccombere sotto i colpi della modernità. Per la famiglia di Pietro il momento cruciale è la costruzione di una grossa barca, la più grossa che in quel piccolo cantiere fosse mai stata costruita. L'armatore cerca di convincere il padre di Pietro a riorganizzare il lavoro per renderlo più efficiente anche a costo di infrangere quelle regole che da sempre lui aveva seguito. Inizialmente il vecchio rifiuta ma alla fine, resosi conto dell'inevitabilità del cambiamento, si ritira e lascia il cantiere nelle mani di Pietro.
Il giovane si fida dell'armatore, costruisce tre barche contemporaneamente per ottimizzare le spese ed aumentare i guadagni. Quando si rende conto che l'armatore punta solo ad impossessarsi del cantiere è ormai troppo tardi. Il cantiere fallisce, il padre muore e Pietro, come in cerca di espiazione, inizia a lavorare nei doppifondi delle navi da trasporto come saldatore. Dal legno al ferro. Dopo tre anni di questa vita massacrante prende la decisione di partire. Lavora prima a bordo delle navi che fanno il loro ultimo viaggio verso i cantieri di demolizione, poi in un cantiere inglese dove restaura vecchie barche per ricchi collezionisti.
Inizia una lenta risalita che è anche un ritorno al passato, un inesorabile riavvicinamento al mondo dal quale proviene. Finché decide di tornare veramente al suo paese natale, ricompra la barca che era stata di suo padre e con questa parte, senza una meta.
Alla sua storia si intreccia quella di Maddalena, bella ragazza di provincia che decide di sfruttare le armi femminili per raggiungere il successo. Il suo personaggio segue uno sviluppo lineare, se di sviluppo si può parlare: coerente dall'inizio alla fine, quasi prevedibile nelle sue mosse e fondamentalmente privo di spessore.
Terzo ed ultimo protagonista del romanzo è il coro, una voce narrante che racconta piccole storie di paese e indirettamente un bel pezzo di storia italiana. Le particolari scelte linguistiche che l'autore utilizza per definire questo personaggio (uso della prima persona plurale, di termini dialettali, di un periodare spesso molto vicino alla lingua parlata) ne fanno una presenza leggera, spesso ironica, ma tutto sommato un po' slegata dalla vicenda di Pietro ed in più di un'occasione eccessivamente prolissa.
Il racconto delle vicende di Pietro è sicuramente il perno intorno a cui ruota il romanzo, la parte più sviluppata e forse anche la meglio riuscita dal punto di vista narrativo. Non a caso il suo personaggio è sicuramente quello meglio riuscito, anche se ho trovato inutile l'insistenza con cui ci viene ricordata la sua passione per la lettura. Lo stereotipo dell'operaio colto che fa un lavoro umile ma che ha una grande cultura non solo non rende giustizia all'operaio ed alla dignità del suo lavoro ma rende inverosimile un personaggio che per il resto sembra ben costruito tanto nelle sue caratteristiche quanto nel suo sviluppo.
Si respira l'aria di Aci Trezza soprattutto nella prima parte di questo romanzo riuscito a metà.

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